Le opere infrastrutturali, quali ponti e strutture portuali, sono per l’impresa l’occasione per dimostrare la propria abilità nel gestire strutture con grandi luci e in tal modo proporsi per cantieri complessi fuori dalla realtà lombarda. Tra questi progetti, spicca la costruzione del cavalcavia stradale che supera lo scalo ferroviario di Segrate: 306 metri di ponte suddiviso in dieci luci e sovrastato da arcate.
AUTOSTRADE E PONTI Nell’elenco opere dell’impresa Bassanini compaiono negli anni Trenta alcuni ponti che confermano l’importante collaborazione con Arturo Danusso anche su temi infrastrutturali e collocano il lavoro del costruttore all’interno della storia delle prime autostrade italiane.
L’Italia possiede negli anni ‘20 una rete stradale ancora molto primitiva, il numero di veicoli a motore circolanti è basso, tale da non spingere verso una sistematica manutenzione e un adeguamento delle strade esistenti. Per contro, i proprietari dei veicoli rappresentano la parte più ricca nonché la più intraprendente del Paese, essendo tra essi presenti molti industriali. Piero Puricelli, giovane ingegnere già titolare della Società anonima Puricelli Strade e Cave, sarà il primo a presentare un progetto di viabilità territoriale a Mussolini nel 1931. Presentazione che porterà alla fondazione della Società Anonima Autostrade e alla costruzione delle prime strade automobilistiche nella zona Milano-Laghi, seguite poi in breve tempo dall’inaugurazione di altre autostrade tra cui la Torino-Milano (Società Anonima Autostrada Torino-Milano del senatore Giovanni Agnelli, 1930-1932) cui contribuirà Bassanini con il VI tronco e il ponte sul torrente Elvo su progetto dell’ing. Cartasegna. Le stazioni appaltanti di questi progetti fino ai primi anni Trenta sono private, ma a partire dal 1933 lo Stato, tramite l’Azienda Autonoma Statale delle Strade (AASS), prende in carico i 20.622 km di strade che definisce come statali, diventando così il committente di tutte le opere relative alla rete stradale italiana.
Questo ponte, come gli altri destinati alla viabilità secondaria – i ponti sul Ceno e quello Merula-Andora -, e quelli commissionati dalle Ferrovie dello Stato, sono per l’impresa l’occasione per dimostrare la propria abilità a livello nazionale nel gestire strutture con grandi luci e in tal modo proporsi per cantieri complessi fuori dalla realtà lombarda. Rappresentano i requisiti per poter entrare con credibilità nei grandi appalti pubblici degli anni a venire. Ricordiamo inoltre che nel 1930 Danusso fondava il Laboratorio “Prove modelli e costruzioni”, annesso all’Istituto di Scienza delle Costruzioni del Regio Politecnico di Milano, con l’esplicito fine di sviluppare ricerche sperimentali su modelli in scala ridotta. Dopo circa due anni di incubazione, nel 1933 entrò ufficialmente in funzione la sezione dedicata alla fotoelasticità. Esperienza della quale, tramite la stretta collaborazione con l’ingegnere, beneficeranno in maniera indiretta anche i progetti più ambiziosi e difficili dell’impresa. I ponti presentano strutture diverse. I viadotti per l’autostrada Milano-Torino, sul Ceno a Bardi, sul torrente Merula e il pontile per l’approdo degli idrovolanti a Sesto Calende hanno un impalcato semplice. La struttura in cemento armato con alte solette, a volte resta a vista, a volte presenta piloni stampati effetto muro. Le luci coperte sono sempre notevoli: 280 m per il ponte a Bardi, 140 m per quello a Varsi e 100 m quello sul Merula. I ponti per le Ferrovie dello Stato, per adeguarsi al linguaggio uniforme adottato dal Servizio Lavori e Costruzioni FF. SS. per altri ponti costruiti lungo la rete ferroviaria, sono ad arco con rinforzo esterno; il cemento armato è rivestito con laterizio. Se in tutti questi casi la struttura in cemento armato rimane celata sotto un modesto rivestimento, la rivelazione del lavoro svolto è delegata alle immagini di cantiere dove vediamo possenti cassoni autofondanti, decisamente complessi per l’epoca. A questo proposito spicca il ponte sul Ceno a Varsi. La struttura con centine a vista copre 140 m in 3 campate con luce di circa 45 m; le fondazioni in alveo, stampate a muro, richiesero l’impiego di cassoni autofondanti dal diametro di 10 m. Testo di Rossella Locatelli